IL PATTO MARCIANO: OLTRE L’ESECUZIONE IMMOBILIARE.

In risposta alla crisi generata dai mutui subprime  del 2008, il legislatore europeo ha avvertito la necessità di regolamentare la gestione dei mutui ipotecari.

In effetti, ad oggi, il 70% dei cittadini dell’UE è proprietario occupante di immobili, e la maggior parte di tali proprietà è stata acquistata con l’aiuto dei prestiti ipotecari, i quali valgono più del 52% del PIL dell’UE.

Da tale esigenza nasce la Direttiva 2014/17/UE, con lo scopo di regolamentare tanto la fase di accensione dei mutui quando il momento in cui il debitore diviene inadempiente.

Nello specifico e per ciò che concerne la fase di inadempimento, alla gestione delle morosità e dei pignoramenti è dedicato l’art. 28 della Direttiva.

L’art. 28 prevede in primis che si adotti un ragionevole grado di tolleranza prima di procedere all’escussione della garanzia, e prevede poi che gli Stati Membri possano consentire che il trasferimento diretto o la vendita del bene oggetto di garanzia siano sufficienti a rimborsare il credito.

Ciò comporta, dunque, che a fronte di un inadempimento di un numero stabilito di rate, il creditore possa acquisire direttamente l’immobile, senza dover avviare una procedura esecutiva.

Una simile soluzione trova(va) nel nostro codice civile l’ostacolo nell’art. 2744 c.c., che vieta il patto commissorio.

Il patto commissorio trova le sue origini già nel diritto romano, e prevede proprio che in caso di inadempimento il creditore possa divenire immediatamente proprietario dell’oggetto della garanzia.

Fu tuttavia vietato, probabilmente in ragione dello squilibrio che esso generava in danno al debitore. Un correttivo al patto commissorio fu elaborato dal giureconsulto Elio Marciano, da cui l’eponimo patto, il quale per primo considerò lecite le pattuizioni commissorie corrette da una stima del bene immobile al momento dell’inadempimento, sì da scongiurare eventuali abusi che i creditori potessero fare dell’istituto.

A definire dunque il patto marciano sono il procedimento di stima del bene e la restituzione al debitore dell’eventuale eccedenza.

In Italia, il recepimento dell’art. 28 della Direttiva è consegnato all’art. 120 quinquiesdecies, co. 3 e 4, del T.U.B., inserito nel nuovo capo VI bis relativo al credito immobiliare ai consumatori. Da questa norma e dalle altre soluzione marciane recentemente previste nel nostro ordinamento pare potersi ricavare uno schema di patto marciano, qualificato dal  necessario procedimento di stima del bene al momento dell’inadempimento e dalla necessità di restituire al debitore l’eccedenza su quanto ottenuto.

Peculiare al credito ai consumatori è il particolare effetto estintivo previsto dall’art. 28, laddove si prevede che il debito sarà estinto anche ove il debito residuo sia superiore al valore dell’immobile. La disciplina di dettaglio della clausola è consegnata ad un decreto interministeriale attualmente ancora in bozza.

Per ciò che concerne la stipula del contratto, si prevede che il creditore debba necessariamente presentare al consumatore un contratto contenente la clausola e uno privo invece di questa, con conseguente necessità di una consulenza personalizzata al consumatore al fine di valutare gli effetti della clausola e le sue ricadute nello specifico sul contratto.

In verità tanto il TUB quanto il decreto tacciono in merito ai rimedi in caso di mancata osservazione di tali obblighi, alimentando il dibattito tra chi opta per soluzioni sanzionatorie e chi invece invoca rimedi invalidanti.

Ad ogni modo, la circostanza che la consulenza sulla clausola sia esplicitamente qualificata come trattativa individuale ai sensi dell’art. 34 del codice del consumo varrebbe di per sé a qualificare la clausola come vessatoria, e dunque il rimedio potrebbe essere quello dell’espunzione della clausola dal contratto.

La clausola può essere attivata a fronte dell’inadempimento qualificato del mancato pagamento di 18 mensilità. Si prevede che l’inadempimento debba essere accertato dalle stesse parti o mediante procedimento arbitrale.

In verità, un simile inadempimento è stato previsto solo dalla legislazione italiana, probabilmente in ragione del “ragionevole grado di tolleranza” imposto dal legislatore comunitario.

Tuttavia, l’efficienza economica di una simile previsione, e comunque del ragionevole grado di tolleranza in generale, è dubbia, dal momento che si tratta di una misura che in ogni caso non incide sul quantum debeatur, e dunque è difficile che possa effettivamente portare ad un riassestamento della posizione debitoria.

Inoltre, va considerato che ogni misura volta ad allungare le tempistiche del contratto porta inevitabilmente ad un innalzamento del tasso di interesse.

In verità, può essere presa in considerazione la circostanza che nel caso specifico le 18 mensilità valgano a bilanciare la celerità del meccanismo di escussione.

Una volta accertato l’inadempimento, di fondamentale importanza rimane il procedimento di stima dell’immobile, che costituisce il nucleo del patto marciano. Il procedimento di stima è affidato a periti indipendenti secondo le indicazioni della Banca D’Italia, ed è assoggettato a tempi certi e modalità definite stabilite dal decreto.

A seguito del procedimento di stima si apre un ventaglio di soluzioni che dipendono dall’esito del procedimento stesso: nulla quaestio nel caso in cui il valore dell’immobile sia uguale al debito residuo.

Nel caso invece in cui il valore dell’immobile sia superiore, la soluzione marciana prevede appunto il diritto all’eccedenza, che rimane il cuore della nuova disciplina e che vale a differenziarla dal patto commissorio.

Il problema più rilevante è posto invece dal caso in cui il valore dell’immobile risulti inferiore al debito residuo, dal momento che il legislatore ha previsto in questo caso l’effetto estintivo del debito.

L’effetto estintivo pone problemi non solo di natura sostanziale, ma va analizzato anche dal punto di vista microeconomico, determinando il suo effetto sulle scelte ex ante  dei consumatori. Dal punto di vista sostanziale v’è chi ha ritenuto che si tratti di un’obbligazione alternativa o una datio in solutum, e tuttavia simili voci mancano di rilevare come tale effetto estintivo si collochi dopo l’inadempimento, e quindi già nell’area della responsabilità patrimoniale. Potrebbe dunque dirsi che il legislatore abbia inteso collegare l’estinzione della posizione debitoria ad un’esecuzione di natura privata, del tutto compatibile con la formula dell’autotutela esecutiva, determinando peraltro una deroga alla responsabilità patrimoniale perpetua di cui all’art. 2740 c.c.

Va notato, ad ogni modo, che l’effetto estintivo del debito non è effetto del patto marciano, ma che sia probabilmente stato previsto innanzitutto in ragione della particolare categoria di soggetti meritevoli di tutela, così come avviene nel prestito vitalizio ipotecario, e poi al fine di bilanciare la rapidità del meccanismo satisfattivo.

Dal punto di vista microeconomico, invece, l’efficienza di una limitazione della responsabilità è dubbia. Ciò in quanto, innanzitutto la previsione dell’effetto estintivo potrebbe accentuare il problema dell’overconfidence bias, portando il consumatore a sottostimare il rischio connesso all’operazione di credito, e poi perché non viene inserita alcuna distinzione tra i consumatori, potendo chiunque accedere indiscriminatamente all’effetto estintivo. Ciò potrebbe invero costituire una premialità per chi abbia negligentemente concorso alla propria condizione di sovraindebitamento.